La mente globale

La struttura delle reti di comunicazione globale assomiglia sempre più all’architettura del nostro cervello. Banchi di memoria, punti di accesso, ripetitori, canali di trasmissione e una sconfinata quantità di informazione che viaggia da una parte all’altra del pianeta. Anche il mezzo di trasmissione, gli impulsi elettrici, è lo stesso utilizzato dal nostro sistema nervoso per mettere in comunicazione le diverse parti del nostro cervello. La rete globale, internet più telefonia mobile, mette in comunicazione tutti gli abitanti del pianeta e consente per la prima volta ad ognuno di essere allo stesso tempo fruitore e produttore di informazione. In questo senso i nuovi media rappresentano una notevole espansione delle potenzialità attivate dai vecchi media unidirezionali, quali i giornali, le radio e le televisioni, che permettevano soltanto una fruizione passiva.

La rete globale funziona come una ramificazione esterna dei nostri cervelli. Essere connessi vuol dire innanzitutto accedere ad un sapere condiviso, archiviato nelle memorie digitali dei server e sempre a portata di click. La memoria globale si sovrappone alla memoria individuale, ma il sapere globale è infinitamente più vasto di ogni singolo sapere individuale. Ricordare e sapere sono verbi del passato, funzioni dell’intelletto umano ormai affidate al ben più potente strumento della mente globale. I vecchi programmi educativi, che prevedevano un apprendimento progressivo e guidato, sono minacciati dalla compresenza simultanea di tutte le informazioni possibili. Ognuno è libero di attingere alla memoria globale condivisa e di costruire il proprio percorso individuale di crescita, senza bisogno di alcuna guida.

Allo stesso tempo viene soppiantato il concetto di sapere come strumento di potere. Ciò che esiste nella mente globale è proprietà di tutti. L’autorità della rete, anche quando non è verificabile, è sovrana. Siamo tutti parte di una stessa rete neuronale e non ha più senso attribuire la paternità di un’idea. Tutto il sapere è sullo stesso livello, accessibile a tutti. Ne deriva un senso di appartenenza che ben risponde al bisogno di sicurezza, ma nega l’impulso all’individualità. Per questo si assiste ad uno uso narcisistico della rete, un tentativo di rivendicare per l’individuo un ruolo che superi la rassicurante ma alienante funzione di mera presenza. Chi pensa di contribuire all’espansione della coscienza globale è una sparuta minoranza.

L’esistenza di una mente globale necessita di un organismo che la ospita, ai cui stimoli essa deve rispondere. Questo organismo già esiste ed è il nostro pianeta. Negli ultimi anni si è assistito alla espansione del pensiero ecologista, del dibattito sulla salvaguardia delle risorse, sulle energie non rinnovabili, sullo sviluppo sostenibile, sul benessere dell’organismo che ci ospita. Ci si è resi conto di quanto sia fragile l’equilibrio che consente la vita sulla nostra Terra. L’esistenza di una mente globale implica lo sviluppo di una coscienza globale.

Tuttavia il rischio maggiore è proprio l’appiattimento delle coscienze individuali ad immagine e somiglianza della coscienza globale. La struttura della rete favorisce il pensiero convergente a discapito di quello divergente. E’ la legge dei grandi numeri. Si tende a pensare meno e si tende a pensare tutti allo stesso modo. Ogni idea che non sia supportata dai numeri è destinata ad un rapido oblio o quanto meno ad essere sommersa dalla massa di informazione convergente che la rete produce in continuazione per nostro tramite.

La coscienza globale rischia di sostituirsi alla coscienza individuale. Il bombardamento di informazione ha un effetto di ipersensibilizzazione sul singolo, una sorta di anestesia che addormenta la capacità critica. Privato dei mezzi di discernimento, provato dalla massa di informazioni a disposizione, sempre più spesso l’individuo si affida alla coscienza globale. Ciò è giusto per così tante persone, deve essere giusto anche per il singolo. L’autorità dei grandi numeri.

Ma il problema maggiore riguarda quello che negli studi di comunicazione viene chiamato agenda setting. Chi è che stabilisce i temi caldi ? Nella rete globale tutti possono produrre informazione, ma sono spesso costretti a farlo all’interno della agenda prestabilita. Si può esprimere consenso o dissenso, si può amplificare un’idea o farla rimbalzare all’interno della rete neuronale globale. Ma difficilmente si può produrre un dibattito. L’agenda è ancora stabilità dai media tradizionali, giornali, radio e televisioni. La rete è in larga parte una semplice cassa di risonanza di ciò che viene proposto da chi controlla il sistema informativo. E non è detto che chi controlla la mente globale abbia alcun interesse per il pianeta e per coloro che lo abitano.

Se la mente fosse collegata al corpo, allora sarebbe l’organismo, con le sue necessità, a stimolare l’attività cerebrale per la risoluzione dei problemi che lo riguardano. Ma chi gestisce l’agenda della rete globale ha soltanto interesse che la mente sia impegnata e distratta. E’ allora piuttosto semplice capire perché, nonostante tutta questa coscienza globale, tutti questi dibattiti pubblici, tutta questa indignazione, ci siano ancora così tante guerre. Perché ci sia così tanta miseria. Perché prosegua lo sfruttamento indiscriminato delle fonti energetiche non rinnovabili, l’inquinamento del pianeta, l’impoverimento delle masse, lo sfruttamento dei più deboli. E perché le alternative non vengano nemmeno prese in considerazione. E’ davvero il nostro pianeta che ce lo chiede ?

Quello che potrebbe apparire come un processo naturale e virtuoso, è in realtà la prevedibile conseguenza della diffusione di una determinata tecnologia. Senza voler tirare in ballo le varie teorie della cospirazione, possiamo ipotizzare che certe tecnologie si diffondano più di altre per selezione naturale, rispondendo meglio ad alcuni bisogni innati della nostra specie. Una felicità fittizia è forse meno utile di una coscienza critica, quanto meno dal punto di vista della sopravvivenza della specie, ma certamente più attraente. In questo è più profetico lo scenario di Huxley di quello di Orwell. Non assistiamo al controllo di un Grande Fratello sulle masse, quanto piuttosto ad un autocontrollo delle masse stesse, basato sulla selezione adattiva di tecnologie che potenziano le facoltà umane ma che a causa delle limitate risorse di base rendono la società schiava di se stessa. Certamente una bella evoluzione nell’ambito della storia delle dittature.

Stabilita l’agenda, è possibile lasciare ampio spazio di commento alla moltitudine e le poche voci fuori dal coro verranno emarginate dal contesto. L’illusione e la presunzione del libero arbitrio, magico balsamo per l’ego di ognuno di noi, portano alla saturazione del sistema. Una massa inerte può controllare se stessa meglio di qualunque satellite. Privata della possibilità di autodeterminazione dei propri bisogni, ma tronfia per la libertà di espressione, la mente globale si autoalimenta. Un rumore assordante invade ogni canale, chi ne cerca di nuovi è ridotto al silenzio dall’assenza di pubblico, non resta che convertirsi ed andare ad intasare ulteriormente i canali dominanti, anche soltanto per esistere. E’ il principio sul quale si basano i social network, ultima frontiera della mente globale e sua plastica rappresentazione. Fare rete per rimanerne intrappolati.

E poi la legge dei grandi numeri, il grande contributo che il marketing ha apportato alla scienza del nostro secolo. Se tante persone la pensano così, non possono essersi tutte sbagliate. E viceversa, se nessuno la pensa così, forse c’è qualcosa che non va in colui che lo pensa. La doxa al potere. Sembra che la guerriglia semiologica di sessantottina memoria si sia dileguata in una lontanissima Eco.

Credo che uno dei compiti dell’educatore di oggi sia quello di instradare ad un uso etico delle nuove tecnologie. La responsabilità che grava su ogni individuo è aumentata, in quanto potenziale produttore di senso. C’è bisogno di chi metta ordine nella Babele di informazioni digitali di cui siamo parte, creando dei livelli percettivi e minando alla base l’appiattimento democratico dei giorni nostri. E poi ogni singolo, nel suo piccolo, può contribuire alla grande coscienza globale. Può essere trasmettitore di messaggi positivi. Può potenziare la propria ricerca organica e veicolare idee che rispondono ai bisogni profondi dell’uomo. Può informarsi sul serio ed essere portatore di coscienza critica. Può anche limitarsi al silenzio, per evitare che i canali di trasmissione si ingolfino. Ma soprattutto può fare rete. Anche reti un po’ più piccole, volendo. E fare in modo che alcune idee condivise acquistino spessore e formino nuovi gangli all’interno della mente globale, da cui possano passare nuove connessioni. Modificare l’agenda, farla sgorgare dalla pancia dell’organismo Terra e da quella dell’umanità che la abita. Certamente affiorerebbero più soluzioni, o forse scopriremmo che i nostri veri problemi sono altri rispetto a quelli che ci sono prospettati.

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